
Ancora una volta, un momento cupo è calato sull’Europa. Non stiamo parlando dell’emergenza sanitaria che tutti noi stiamo attraversando, ma delle barche, dei gommoni, pieni di persone in fuga da paesi in guerra come Siria, Afghanistan, Iraq o delle persone arrivate via terra al confine greco-turco. Uomini, donne e bambini che vengono quotidianamente respinti brutalmente dalle autorità greche e dalla Guardia costiera. Gas lacrimogeno sparato su madri con bambini piccoli in braccio. Bambini piccoli annegati tragicamente a pochi chilometri dalla costa.
La risposta europea alla “minaccia” dei profughi in fuga dalla guerra – Nel frattempo però in risposta i leader europei, invece della compassione, hanno usato il linguaggio della difesa dalla minaccia. Il primo ministro greco Mitsotákis ha ridotto le gravi violenze delle guardie di frontiera alla “difesa delle frontiere dell’UE” e alla “protezione della sovranità della Grecia”. Il presidente della Commissione europea Von der Leyen ha elogiato la Grecia come lo “scudo” europeo.
Vorrei chiederle: uno “scudo” contro chi, signora Von der Leyen? Tutti sappiamo chi sono le persone intrappolate ai confini dell’Europa, anche se sembra facciamo finta di non saperlo. La maggior parte di loro sta fuggendo da paesi dilaniati dalla guerra e violazioni dei diritti umani. Per settimane sono stati bloccati in squallidi campi, mentre giochetti politici sono passati sopra le loro teste. Sebbene, occorre ricordarlo, queste persone abbiano il diritto di chiedere asilo.
L’emergenza a Lesbo, tra condizioni disumane, xenofobia e l’arrivo del Coronavirus – Prendiamo come esempio la piccola isola di Lesbo – dove Oxfam con i suoi partner e tante altre organizzazioni lavorano – con i suoi 85.000 abitanti. Oggi, ci sono 20.000 rifugiati stipati in un campo profughi – “hotspot” dell’UE – che ha una capacità per meno di 3.000 persone. Quasi la metà di loro sono bambini, molti sono soggetti fragili, costretti a sopravvivere in condizioni “disumane”, a dormire all’aperto o in tenda senza riscaldamento, senza bagni o docce funzionanti e senza accesso a cure mediche adeguate.
In un momento in cui tra l’altro il Corona virus è arrivato nell’isola e sta minacciando soprattutto chi, come loro, è costretto in condizioni di sovraffollamento e promiscuità. Non è tutto. La mancanza di qualsiasi soluzione strutturale o di impegno nella condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri dell’UE, ha alimentato le tensioni sulle isole greche e ha stimolato l’azione di estremisti e xenofobi, con minacce e attacchi a rifugiati e operatori umanitari. Con la conseguenza che gli spazi sicuri per le donne rifugiate e i servizi di consulenza hanno dovuto chiudere.
L’Europa si sta dimenticando della sua storia e dei suoi valori – Inoltre va sottolineato, che quando la Grecia ha annunciato il 1 ° marzo che avrebbe sospeso tutte le domande di asilo per un mese, abbiamo assistito ad una violazione del diritto europeo e internazionale. Leggi che il nostro continente ha contribuito a mettere in atto dopo gli orrori dell’inizio del XX secolo, salvando milioni di vite. I ministri della giustizia e degli affari interni dell’UE avrebbero dovuto immediatamente condannare questa violazione. Ma non lo hanno fatto. Al contrario dalla riunione straordinaria a Bruxelles del 4 marzo, sulla situazione al confine tra Grecia e Turchia, sono uscite solo dichiarazioni di solidarietà verso la Grecia e le nazioni europee colpite, assieme a impegni a sostenere la “gestione” delle frontiere dell’Europa. Ma nessuna dichiarazione di solidarietà verso i profughi in trappola. Né è arrivata alcuna denuncia sull’aumento di episodi di razzismo.
Ebbene crediamo sia giunto il momento che la Commissione europea e i governi dell’UE smettano di usare le persone in fuga da immense difficoltà come pedine in un cinico gioco politico. L’Unione Europea ha nel suo DNA il rispetto per i diritti umani e la protezione dei rifugiati. In Europa abbiamo imparato una terribile lezione su ciò che accade alle persone a cui viene negata la protezione internazionale. Insieme abbiamo promesso “mai più”. Ecco perché gli Stati membri dell’UE hanno ancora la possibilità, il dovere di cambiare rotta.
La maggior parte degli sfollati forzati in paesi come la Siria sono rimasti nel proprio paese o fuggiti nei paesi vicini come Libano, Giordania e Turchia, che in questo momento è di gran lunga lo stato che ospita più sfollati provenienti da altri paesi al mondo: 3,7 milioni. Di fronte a tutto questo anche l’UE può ancora giocare un ruolo per favorire una soluzione politica del conflitto siriano, continuando a sostenere le persone bisognose, comportandosi con umanità verso le persone che cercano sicurezza nel nostro territorio. Purtroppo però, leggendo i resoconti dell’incontro di ieri con Erdogan, non sembra ancora una volta essere maturato un nuovo approccio europeo per risolvere la questione, al contrario pare che si voglia procedere sugli stessi binari dell’accordo del 2016.
Una lettera urgente al Ministro Lamorgese e ai colleghi europei – Per questo abbiamo scritto come Oxfam una lettera ai Ministri dell’interno europei e al Ministro Lamorgese, affinché nel prossimo Consiglio Giustizia e Affari Interni del 13 marzo, si attivino insieme per porre fine all’enorme tragedia che si sta consumando ai confini dell’Europa e inviino un messaggio chiaro ai cittadini europei: promuovere i valori europei può sempre e solo significare la difesa dei diritti umani. Un primo passo potrebbe essere l’iniziativa tedesca volta a coinvolgere una “coalizione di Stati volenterosi”, per ospitare dai 1000-1500 minori particolarmente in stato di bisogno. Ci auguriamo che l’Italia dia il suo contributo.