“Salvare vite non è un optional”. A sette anni dalla strage a largo di Lampedusa

Sono passati 7 anni da quel terribile 3 ottobre 2013, quando 368 persone morirono in mare, ad un solo miglio da Lampedusa. Da quel giorno ad oggi sono state migliaia e migliaia le vittime di politiche che possono essere definite disumane.

“Sette anni dopo la strage di Lampedusa – scrive la Ong Mediterranea in una dura nota -, il Mediterraneo resta uno dei più grandi cimiteri al mondo, a nulla vale la presenza, fino nella rada del porto di Tripoli, di mezzi militari italiani ed europei ad evitarlo. A nulla il fatto che i voli di ricognizione aerea dell’Agenzia Frontex e di Eunavformed siano in grado di controllare ogni movimento che avviene dalle coste della Libia, di fatto facilitando il respingimento illegale delle persone per procura. A nulla valgono gli imbarazzanti tentativi, nonostante i pareri contrari delle Nazioni Unite e le prove raccolte da Amnesty International e molti altri, di far passare la “Guardia Costiera Libica” come una legittima autorità in grado di soccorrere nel rispetto della vita e della dignità umana:  sappiamo  tutti   che   non  soccorre,   ma  cattura   e  riporta   forzatamente  nei  centri   di   detenzione   in   Libia   tutti coloro che si mettono in mare per fuggire a schiavitù, torture, violenza e sfruttamento”.

L’Ong chiede “un   confronto   serio   con   il   Governo   italiano,   senza   negare   la   complessità   della   situazione   dovuta   alla pandemia e alla posizione geografica dell’Italia. Siamo convinti che su tutto si possano trovare mediazioni, ma non sulla vita delle persone e sul soccorso, al quale tutti hanno diritto”.

Mediterranea chiede:

1. Il riconoscimento istituzionale, non solo a parole ma attraverso una pratica sottoscritta dai Ministeri competenti, del valore e dell’obbligo della necessità del soccorso in mare;

2. la fine del blocco delle navi e degli aerei delle organizzazioni della società civile europea;

3. l’immediata assistenza e assegnazione di un porto sicuro entro le 24 ore per tutti i mezzi navali che si trovassero a operare soccorsi in mare, al di là della loro classificazione – come previsto dalla Convenzione per il soccorso in mare nella dicitura “senza ritardo alcuno”-, con procedure sanitarie chiare e uguali per tutte.

4. la riattivazione di un meccanismo europeo per la salvaguardia della vita in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale.