Le storie di accoglienza: da Mylolaiv a Bologna

Grazie a Giovanni Stinco vi raccontiamo la storia di Viktoria e di suo figlio, accolti da Maura e Santo a Bologna. Una storia fatta di umanità e tanti piccoli aneddoti che fanno capire come l’accoglienza possa superare qualsiasi tipo di ostacolo, anche quelli linguistici.

Viktoria ha 32 anni, parla l’armeno, l’azero, il russo e ovviamente l’ucraino. Niente inglese né francese, tanto meno l’italiano. Così quando con suo figlio è arrivata a casa di Maura e Santo a Bologna, non ha potuto fare altro che sorridere, usare i gesti e sperare che il traduttore automatico di Google facesse il suo lavoro. Che di solito funziona, ma solo per concetti relativamente semplici. “Non sapevamo dove andare, volevo solo allontanarmi il più possibile dalla guerra e portare fuori dal paese il bambino”, dice aiutandosi col cellulare.

Viktoria è una delle tante persone scappate dall’Ucraina devastata dalle fiamme della guerra. Con lei Kyrill, 9 anni. Ha avuto la fortuna di fuggire in tempo da Mykolaiv, una delle città del sud ovest finita in mezzo a pesanti combattimenti tra l’esercito ucraino e le colonne corazzate russe che tentavano di sfondare verso Odessa. Lei è scappata, non così suo padre e suo fratello, arruolati nell’esercito. E poi la madre, di cui non riesce più ad avere notizie.

Con il figlio accanto a sé e un valigione nel bagagliaio Viktoria si è spostata su bus e mezzi di fortuna fino al confine con la Polonia, e poi lì i volontari dell’accoglienza le hanno detto di continuare, di andare avanti perché di posto laggiù non ce n’era più. Quasi per caso, tramite indicazioni di amici e seguendo infine una cugina, è arrivata in Italia e poi a Bologna. Oggi è ospite di una Famiglia Accogliente.

Maura, 65 anni, e Santo, 63, hanno deciso di aprire le porte della loro casa. Tempo fa avevano già aderito al progetto Vesta e ospitato Lamin, un giovane gambiano. Per questo, vista la loro esperienza pregressa, sono stati tra i primissimi ad essere contattati in città quando la macchina dell’accoglienza profughi ha iniziato a mettersi in modo.

“Stavo lavorando quando mi hanno telefonato e mi hanno detto: abbiamo subito due persone per voi. Ho risposto che almeno dovevo ritornare a casa”, racconta Maura sorridendo.

Da lì è partita la vita in comune. Maura, Santo, il figlio Enrico di 23 anni, il loro cane Yuki, il bastardino bianco di casa, stanno vivendo dal 14 marzo con Viktoria e Kyrill. Sguardi, gesti, qualche parola e il cellulare, immancabile, a fare da traduttore. Viktoria dovrebbe iniziare a breve un corso di italiano per stranieri, è riuscita ad ottenere un abbonamento del bus, sta per vedersi assegnato un medico di famiglia. “Ma la burocrazia è sempre un ostacolo – raccontano Maura e Santo – Anche perché stiamo parlando di persone che arrivano qui e praticamente non hanno ancora documenti, tutto è in evoluzione e speriamo le cose si sistemino in fretta per loro”.

Kyrill invece ha iniziato un corso di italiano, due mezze giornate a settimana per il momento, ma ancora non può frequentare appieno la scuola elementare. Che ovviamente c’è, ma nelle classi si deve ancora trovare il modo per fare posto ai tanti bimbi ucraini arrivati a Bologna. Un vecchio problema. “Ma insisteremo”, dice serena Maura, ormai abituata a superare ostacoli di questo tipo grazie all’esperienza con Lamin.

Per intanto, aspettando la scuola quella vera, Kyrill passa le giornate al parco, gioca col cane – “Yuki è un ottimo mediatore”, dice Santo – e si è iscritto ad un corso di basket. Gli piace? Forse non è il suo sport preferito, a giudicare dagli sguardi quando glielo si chiede. Ma il giorno in cui andare a San Lazzaro e incontrarsi con bimbi della sua età e con l’allenatore è diventato per lui un momento atteso, importante per dare una struttura alle giornate di un bimbo catapultato migliaia di km lontano da casa per colpa delll’invasione russa.

“Sapete come si è convinto ad andare al primo allenamento di pallacanestro? L’allenatore della squadra gli ha mandato una borsa con dentro la tuta ufficiale del team. A quel punto gli si sono illuminati gli occhi”, racconta Santo.

“Per il resto c’è la cucina, mangiamo assieme, da noi cucina quasi sempre Santo per tutti, e  Viktoria ci ha preparato un ottimo borsch, la loro zuppa tipica”, racconta Maura.

Dopo i primi giorni di silenzio, Viktoria ha iniziato a legare con Maura e Santo: “adesso sta spesso con noi, ogni tanto guardiamo anche la televisione ma evitiamo il telegiornale. Quelle immagini che arrivano dall’Ucraina non sono adatte per Kyrill”. Cosa faranno adesso lui e sua madre? A leggere la domanda sul cellulare Viktoria scuote la testa, ci pensa un po’ su e poi scrive un messaggio, lo cancella e lo riscrive almeno due volte. “E’ una situazione triste, non penso finirà presto”, dice il traduttore.

“Non sappiamo quanto rimarranno con noi – spiegano Maura e Santo – Noi speriamo che per loro la situazione migliori il prima possibile, nel frattempo ci comportiamo come se dovessero restare mesi, e stiamo sistemando tutta la parte burocratica. Hanno la fortuna di essere ‘profughi veri’, considerati rifugiati di serie A e per questo speriamo ottengano il permesso di soggiorno il prima possibile. Una ingiustizia nei confronti dei profughi che ucraini non sono, ma questa è la situazione. Come famiglia faremo tutto il possibile per farli sentire accolti”.

Giovanni Stinco