
Sulla lavagna della cucina col gessetto Martin ha scritto, che in italiano vuol dire torta.
E poi , che tradotto viene fragola. Martin ha 8 anni e arriva da Mykolaiv, città ucraina del sud, porta d’accesso a Odessa, a poca distanza dalla linea del fronte e costantemente sotto i bombardamenti russi. Il 28 marzo scorso il palazzo del governatore è stato colpito dai missili in pieno giorno. Sotto le macerie sono rimaste 36 persone.
Con sua madre Camilla, Martin è scappato dalla guerra e dalla distruzione ed ora è ospite in una bella casa di Bologna. Lui e la mamma sono stati accolti da Luca e Cristina, una delle tante coppie dell’associazione Famiglie Accoglienti che si sono mobilitate per fare fronte ai profughi arrivati dall’Ucraina nelle scorse settimane. “Abbiamo scelto il momento
giusto per andarcene. Sentivamo le bombe cadere di notte, così col bus siamo arrivati in Polonia e poi abbiamo scelto l’Italia un po’ per caso”, racconta Camilla, 43 anni, un buon inglese e poche speranze di ritornare presto in patria.
Per Camilla e Martin è un tempo sospeso quello italiano. Si guardano indietro, scampati al conflitto ma con parenti e amici rimasti bloccati laggiù, ed è il caso del fratello di Camilla. E pensano a cosa fare domani, “perché questa guerra non durerà poco. A Lugansk [nel Dombass, l’est dell’Ucraina] sono otto anni che combattono”. Nelle scorse settimane
Camilla si è presentata all’ambasciata canadese. La sua speranza è quella di volare presto dall’altra parte dell’oceano. Ma il Canada non è lontano dall’Ucraina? “E’ un buon paese, e si dice che stia accogliendo tanti di noi. Ma qui stiamo benissimo, siamo stati fortunati”, dice sorridendo Camilla.
Sorride a Luca e Cristina, seduti dall’altra parte del tavolo. Non è la prima volta che la coppia bolognese ha aperto le porte di casa e accolto qualcuno. E’ successo nel 2017 con Seedy, un ragazzo del Gambia arrivato appena maggiorenne e poi accompagnato negli anni verso l’autonomia abitativa e lavorativa. “Se ne è andato nel 2020 dopo aver trovato una casa e un lavoro a tempo indeterminato. Mi chiama mamma e ovviamente ci sentiamo
ancora” racconta Cristina.
Luca e Cristina hanno deciso di riprovarci. “Ci avevamo già pensato con l’arrivo dei talebani in Afghanistan e la caduta del governo di Kabul – dice Luca – ma i profughi non sono riusciti a raggiungere il nostro paese. Quando abbiamo capito che le cose in Ucraina stavano andando male, abbiamo deciso di dare la nostra disponibilità. Ed eccoci qui”.
Le cose di cui occuparsi sono tante, e riguardano soprattutto Martin. Che è stato inserito a scuola e ora frequenta il tempo pieno assieme a tutti i suoi compagni. Torta, fragola, grazie, ciao, buongiorno, buonasera e qualche altra parola. Per ora è questo il suo vocabolario ma sta imparando velocemente, e capisce già parecchio di quel che gli si dice.
“Sabato andrà in piscina per una lezione di nuoto”, racconta Cristina, che spiega di aver scritto una mail alla società sportiva raccontando la storia di Martin e di avere subito ricevuto risposta. Considerando la situazione, ha detto la Uisp, per lui il corso sarà gratuito. E così Martin potrà tornare a nuotare, come faceva tre volte a settimana a Mykolaiv, prima che le bombe russe iniziassero a distruggere tutto quanto.
Cosa manca per l’inserimento di mamma e figlio a Bologna? “Le vaccinazioni le hanno fatte subito, gli abbonamenti al bus siamo riusciti a farglieli, anche se per ora li abbiamo pagati noi e poi ce li ha rimborsati il progetto Vesta”. Eppure Martin frequenta la seconda elementare, avrebbe diritto al bus gratuito come tutti i bimbi della città. Ma i tempi della burocrazia sono quelli che sono e Cristina allarga le braccia: “prima o poi dovrebbe anche arrivare anche un contributo economico per le spese di accoglienza”. Altra questione aperta quella dell’accoglienza e dell’integrazione a scuola. “Le cose stanno funzionando, ma tutto è basato sulla buona volontà delle maestre. Oggi, per la prima volta dopo più di
due settimane in classe, è arrivata per qualche ora una mediatrice in grado di parlare ucraino”.
Ad aiutare Luca e Cristina ci sono i professionisti del progetto di accoglienza Vesta, che forniscono un supporto generale su molti temi, e ovviamente tutta la rete della Famiglie Accoglienti. “Ci sentiamo spesso scambiamo esperienze e informazioni. Ad esempio ci stiamo tenendo molto in contatto con Maura e Santo, un’altra famiglia di Bologna che ha
deciso di accogliere una mamma e un bimbo ucraino”.
Nel frattempo, mentre Martin va a scuola – e al momento in Italia sono 16 mila i bimbi e gli adolescenti ucraini inseriti nel sistema scolastico – sua madre si prende cura del giardino dietro casa di Luca e Cristina. “Prima c’erano foglie e terra, ora ci sono un prato e dei fiori”, racconta Luca mostrando l’angolo verde.
“Seedy era venuto in Italia per diventare indipendente, questa volta invece la situazione è apparentemente più di stallo, non ci resta che aspettare per capire che piega prenderanno le cose, così come stanno aspettando loro”, continua Luca. “La vera differenza tra l’esperienza di Seedy e quella di Martin e Camilla è il sentimento che c’è nella società. Gli africani anni fa erano oggetto di propaganda politica xenofoba, oggi gli ucraini sono i
benvenuti. Un’ottima cosa, perché ci aiuta molto in tutte le questioni burocratiche”, spiega Cristina.
Non che sia tutto rose e fiori. Sul bus qualche giorno fa una signora ha iniziato a inveire contro Camilla, “perché – ha detto sbraitando – la colpa della guerra è tutta di voi ucraini”.
Un’opinione simile a quella della sorella di Camilla, che però vive nella Repubblica russa dei Baschiri, più vicino al Kazakistan che all’Europa. “Se la sento al telefono? Certo, ma non parliamo mai della guerra perché altrimenti litigheremmo. Lei guarda la tv russa ed è convinta che sia tutta colpa dell’esercito ucraino. Preferisco evitare di discutere con lei di
questo”.
In attesa del futuro, che sia ancora Bologna, il ritorno a casa o il Canada, c’è la vita di tutti i giorni. “Mi sento molto bene qui, è una bella famiglia e siamo stati fortunati”, dice Camilla.
Sabato sera sarà il momento del piatto nazionale ucraino, il borsch. “Lo cuciniamo tutti insieme”, dice Luca, “ma già con Martin abbiamo preparato ottime torte”.
Giovanni Stinco