YAYAH KALLON: DALLA SIERRA LEONE ALLA SERIE A

Mercoledì scorso, il 31 agosto, in una giornata dal caldo che siamo soliti definire anomalo ma che ormamai di anomalo ha sempre meno, si è giocata la quarta giornata del campionato italiano di serie a. In questa newsletter non parliamo spesso di sport e no, non abbiamo alcuna intenzione di diventare la gazzetta dello sport. C’è stato un goal però, che, a suo modo, è storico. Si stava giocando Empoli- Verona e al minuto 69 dallo stadio Carlo Castellani è partito un applauso che metaforicamente ha coinvolto chiunque abbia conosciuto la storia di quel giocatore che aveva segnato la rete. Non esistono tifoserie, non esistono schieramenti o campanilismi che possano bloccare la felicità di vedere in campo Yayah Kallon.

Yayah ha 21 anni e gioca nel Verona, una società la cui tifoseria (pochi ma rumorosi) troppo spesso è stata protagonista di azioni becere e razziste. Ora però anche quei pochi che usano l’anonimato dello stadio per sfogare la loro bassezza umana devono tacere e gioire per il goal di Kallon.

Era il minuto 69 dicevamo, e il Verona stava perdendo per 1 a 0 quando Yayah è riuscito a controllare una palla che si era alzata e metterla di prima nell’angolino opposto. Un sinistro al volo imprendibile per Vicario, il portiere dei toscani. Il primo goal di Yayah Kallon in serie a è un’azione spettacolare. Yayah ha 21 anni, è un attaccante della Sierra Leone, tecnico e, come dicono i giornalisti sportivi, “di gran gamba”. D’altronde, correre per 90 minuti sembra un gioco da ragazzi se per salvarti la vita sei stato costretto a camminare per 8 mesi.

Aveva 14 anni quando è costretto a fuggire scappando da un gruppo terroristico che rapisce i bambini per farli diventare piccoli soldati. “Non volevo, però ho capito che era la cosa migliore per il mio futuro e ho deciso di andare via” ha dichiarato in una delle poche interviste Kallon.

“La parte più difficile è stata attraversare l’Africa – ha continuato in un’intervista al Corriere della Sera -, soprattutto perché a quell’età non conosci né strade né altre lingue. Poi ho incontrato alcuni ragazzi e abbiamo fatto gruppo. In Libia ho visto davvero qualsiasi cosa. Non ci sono regole, ragazzi di 14-15-16 anni che girano armati. Per pagarmi il viaggio via mare in Italia ho pulito case e macchine, ho fatto il muratore. A volte venivo pagato, altre no. Avevo bisogno di 1000 dinari per pagare il viaggio, ma quando sono arrivato a quella cifra mi hanno rapinato così ho dovuto ricominciare da capo. Otto mesi dopo aver lasciato la mia famiglia sono riuscito a partire. Siamo arrivati a Lampedusa e ci siamo subito sentiti meglio. La traversata in mare è durata otto ore: siamo stati fortunati, altri hanno impiegato due settimane e c’è anche chi non ce l’ha fatta.

Una volta arrivato in Libia ho perso ogni contatto. Li ho chiamati quando sono arrivato in Italia e mia madre è scoppiata a piangere. Avrei voluto raccontargli tutto, ma dietro di me avevo altri ragazzi che aspettavano per chiamare a casa e ho preferito evitare”.

Da Lampedusa a Scicli, Sicilia. Dopo una sosta in Piemonte arriva a Genova. Ed ecco il pallone. «È nato quasi tutto per caso. Stavo giocando un torneo di calcio a 5 e un mio amico parlò di me al padre, che conosceva un agente. Mi visionò e decise di portarmi all’Entella. Dopo cinque giorni con loro facemmo un’amichevole in famiglia con il Genoa e dopo i primi 45 minuti avevo già segnato due gol”. 

Tecnica, corsa, forza, velocità, a Kallon non manca nulla per diventare un ottimo attaccante. Prima a Genova ed ora a Verona, la sua carriera è solo all’inizio, e la sua storia è di quelle da raccontare, raccontare nelle scuole ma raccontare anche a chi ha la presunzione di  voler arrivare a tutti i costi al governo e parla di persone che stanno vivendo la stessa vicenda di Yayah con toni sprezzanti ed inumani.