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Decreto sicurezza: “Incostituzionale negare l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo”

La Corte costituzionale ha esaminato oggi le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno sulla disposizione che preclude l’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo, introdotta con il primo “Decreto sicurezza” (dl n. 113 del 2018).
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che la disposizione censurata non è stata ritenuta dalla Corte in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione sui requisiti di necessità e di urgenza dei decreti legge.
Tuttavia, la Corte ne ha dichiarato l’incostituzionalità per violazione dell’articolo 3 della Costituzione sotto un duplice profilo:

  • per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza;
  • per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti.
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No alla regolarizzazione settoriale, si ad un permesso per…

Sapere chi c’è in Italia e includerlo nei percorsi sanitari di prevenzione, diagnosi e cura è oggi indispensabile per la salute di tutti.

Centinaia le adesioni per una risposta trasversale e unitaria alla richiesta di regolarizzare le persone straniere in Italia. Persone del mondo della cultura e accademico, giornalisti, giuristi, scrittrici, assieme ad  centinaia di associazioni, a rappresentanza di una  società civile coesa nel chiedere  il riconoscimento della dignità alle centinaia di migliaia di persone straniere che, prive di permesso di soggiorno per lavoro o con un documento precario, sono esposte oggi a maggiori rischi di sfruttamento e di emarginazione sociale.

Nell’attuale emergenza sanitaria mondiale dove è impossibile il movimento delle persone, anche per il ritorno nei Paesi di origine, per effetto della chiusura dei confini di moltissimi Paesi, è oggi più che mai necessario che il Governo e il Parlamento italiano promuovano una regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti in Italia perseguendo due obiettivi oggi imprescindibili: l’emersione dall’invisibilità di migliaia di persone che vivono e/o lavorano nel territorio italiano ed una conseguente migliore tutela della salute personale e pubblica.

“Riteniamo necessario” si legge nella premessa della proposta destinata al Governo e al Parlamento ed in particolare alla Ministra dell’Interno ” non limitare la proposta a determinati settori produttivi, che rispondono alla sola esigenza di utilizzo di manodopera ove più forte è lo sfruttamento lavorativo, ma destinare la proposta a tutti/e coloro che vivono in Italia in condizione di irregolarità o di precarietà giuridica e che attraverso il permesso di soggiorno, per lavoro o per attesa occupazione, possono emergere come persone e non solo come manodopera. Soggetti di diritti e non solo braccia per il lavoro”.

Perché ciò sia possibile abbiamo ipotizzato non solo l’emersione dal lavoro irregolare o precario ma anche il rilascio di un permesso di soggiorno per “ricerca occupazione”, che  finalmente svincoli la persona straniera da possibili ricatti o dal mercato dei contratti che hanno contraddistinto tutte le pregresse regolarizzazioni.   

“La proposta che sosteniamo – concludono le associazioni –  comprende perciò una duplice possibilità: la richiesta di permesso per ‘ricerca occupazione’, di durata annuale e convertibile alla scadenza, oppure la richiesta di emersione dal lavoro irregolare, con sospensione dei procedimenti penali, amministrativi o fiscali in capo al datore di lavoro, fino all’esito del procedimento e loro estinzione in caso di definizione positiva, con rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro di durata annuale e convertibile alle condizioni di legge”.

La Proposta

Premessa

Nell’attuale emergenza sanitaria mondiale è impossibile il movimento delle persone, anche per il ritorno nei Paesi di origine, per effetto della chiusura dei confini di moltissimi Paesi.
Al tempo stesso centinaia di migliaia di persone straniere che vivono in Italia da tempo – per gran parte lavoratrici e lavoratori che occupano settori importanti del mercato del lavoro italiano (assistenza familiare, agricoltura, logistica, ecc.) o richiedenti asilo ai quali è stata negata tutela – sono prive di permesso di soggiorno, a causa della mancata programmazione nell’ultimo decennio di effettivi flussi di ingresso e della decretazione c.d. “sicurezza” del 2018.
In questo contesto avanziamo una proposta di regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti in Italia che si articola intorno a due obiettivi oggi imprescindibili: l’emersione dall’invisibilità di migliaia di persone che vivono e/o lavorano nel territorio italiano ed una conseguente migliore tutela della salute personale e pubblica.
Sapere chi è in Italia e includerlo nei percorsi sanitari di prevenzione, diagnosi e cura è oggi indispensabile per la salute di tutti.
Anche la Commissione europea afferma che, nell’ipotesi in cui i rimpatri non possano essere effettuati “gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale per concedere il permesso di soggiorno o altra autorizzazione così da riconoscere ai migranti irregolari il diritto di soggiornare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura, a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/115/CE (“direttiva rimpatri”).” (“Covid-19: linee guida sull’attuazione delle disposizioni dell’UE nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento – (2020/C 126/02)” pag. 12, pubblicazione del 17.4.2020).

La proposta che sosteniamo comprende una duplice possibilità: la richiesta di permesso per “ricerca occupazione”, di durata annuale e convertibile alla scadenza, oppure la richiesta di emersione dal lavoro irregolare, con sospensione dei procedimenti penali, amministrativi o fiscali in capo al datore di lavoro, fino all’esito del procedimento e loro estinzione in caso di definizione positiva, con rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro di durata annuale e convertibile alle condizioni di legge.

Ecco la proposta:

Per i/le cittadini/e stranieri/e che dimostrino, mediante idonea documentazione, la presenza in Italia alla data del 29 febbraio 2020, in condizioni di irregolarità o anche di regolarità ma con permesso non convertibile in lavoro, è rilasciato, a richiesta, un permesso di soggiorno per ricerca occupazione, rinnovabile e convertibile alle condizioni di legge, oppure un permesso di soggiorno per lavoro qualora alla predetta data del 29 febbraio 2020 o alla data della domanda il richiedente abbia in corso un rapporto di lavoro. Entrambi permessi hanno la durata di 1 anno dalla data del rilascio o quella maggiore secondo le disposizioni di cui all’art. 5, co. 3 d.lgs. 286/98. La domanda può essere presentata a partire da 8 giorni successivi alla entrata in vigore del presente decreto legge.

Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge e fino alla conclusione del procedimento di emersione sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore per le violazioni delle norme: a) relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, con esclusione di quelle di cui all’articolo 12 del d.lgs. 286/98 b) relative all’impiego di lavoratori, anche se rivestano carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale.

La sottoscrizione del contratto di soggiorno, congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione all’INPS, e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, rispettivamente, per il datore di lavoro e il lavoratore l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma che precede. Il datore di lavoro assolve agli obblighi di natura fiscale, previdenziale e assistenziale relativi al pregresso periodo di lavoro tramite il versamento di un contributo forfettario pari ad € 500,00 per ogni lavoratore.

ADERISCI ALLA PROPOSTA SUL SITO DELL’ASGI

notizie

I porti non si chiudono mai

Il decreto emanato nella serata di ieri dai ministri dei trasporti, degli esteri, dell’interno e della salute che di fatto sospende la classificazione di Place of Safety (luogo sicuro) per i porti italiani, per i casi di soccorso effettuati da unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana, è sbagliato e incomprensibile.
I porti non si chiudono mai, perché a nessuno e in nessun caso può essere negato il soccorso e la protezione dai rischi della navigazione.

L’appello di Mediterranea

Appello di deputati, senatori, parlamentari europei, consiglieri regionali al governo italiano: revocare decreto su porti chiusi

“Il decreto emanato nella serata di ieri dai ministri dei trasporti, degli esteri, dell’interno e della salute che di fatto sospende la classificazione di Place of Safety (luogo sicuro) per i porti italiani, per i casi di soccorso effettuati da unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana, è sbagliato e incomprensibile.
I porti non si chiudono mai, perché a nessuno e in nessun caso può essere negato il soccorso e la protezione dai rischi della navigazione.

Siamo perfettamente consapevoli che, nell’emergenza sanitaria drammatica che la pandemia impone al nostro Paese e al mondo intero, la tutela della salute ha una assoluta priorità. Per questo, fuori da ogni approccio ideologico, pensiamo che sia necessario individuare ogni utile strumento a definire protocolli in grado di assicurare la sicurezza e la salute pubblica.
Questo vale per i naufraghi salvati nelle operazioni di ricerca e soccorso (qualunque sia la bandiera della nave che li opera e la nazionalità delle persone soccorse), e, nello steso modo per le comunità costiere potenzialmente esposte a rischi di contagio.

Per questo pensiamo che di fronte ad una situazione che, pur non registrando flussi particolarmente intensi non esclude la necessità di impedire che le persone perdano la vita nel Mediterraneo centrale, sia necessario e possibile mettere in atto un protocollo di sicurezza che garantisca la tutela della salute e l’efficacia della battaglia contro il virus, senza pregiudicare la nostra civiltà giuridica e la sicurezza di tutti.

Chiediamo quindi al governo di revocare questo decreto e predisporre invece protocolli sanitari adeguati che, ove non sia possibile garantire a terra luoghi sicuri nei quali far svolgere la necessaria quarantena a chi sbarca, questa sia comunque applicata e garantita attraverso l’utilizzo di assetti navali adeguati ed in condizione di sicurezza”.

L’appello di Amnesty

Le associazioni del Tavolo asilo nazionale manifestano la propria preoccupazione per il Decreto interministeriale emesso il 7 aprile 2020 n. 150 in cui il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con altri ministri, ha dichiarato che per l’intero periodo dell’emergenza sanitaria nazionale i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di “porto sicuro” (place of safety) solo per le navi soccorritrici battenti bandiera straniera che abbiano soccorso esseri umani fuori dalle nostre acque Sar (area marittima di ricerca e soccorso).

La dichiarazione appare inopportuna e non giustificabile in quanto con un atto amministrativo, di natura secondaria, viene sospeso il diritto internazionale, di grado superiore, sfuggendo così ai propri doveri inderogabili di soccorso nei confronti di chi è in pericolo di vita.

Si attacca ancora una volta il concetto internazionale di “porto sicuro”, la cui affermazione ha trovato conferma nelle decisioni della nostra magistratura.

Pur consapevoli del momento complesso che ci troviamo ad affrontare, è importante garantire il rispetto dei principi di solidarietà e di umano soccorso, che non possono essere negati sulla base di tesi opinabili che riguardano la competenza nei soccorsi in mare ed il luogo in cui vadano condotti esseri umani in pericolo di vita.

È opportuno sottolineare che il ministero della Salute attraverso l’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera si è già attrezzato per la quarantena delle navi che hanno soccorso migranti ed ha già disposto delle linee guida.

Inoltre è essenziale ribadire che l’autorità preposta ad intervenire nei soccorsi è il Centro di coordinamento del soccorso marittimo che riceve per primo la richiesta di coordinamento e non l’autorità di bandiera.

Le associazioni del Tavolo asilo nazionale ribadiscono che, anche in questo momento difficile per l’Italia, la Libia è un paese in guerra, dove i migranti sono oggetto di torture e schiavitù.

Attualmente la Alan Kurdi è al limite delle nostre acque nazionali in attesa che le venga assegnato un porto sicuro dalle nostre autorità.

Le associazioni del Tavolo asilo nazionale chiedono fermamente al governo italiano di operare senza indugi in tal senso.

A Buon Diritto, ACLI, ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, Caritas Italiana, Centro Astalli, CNCA, Comunità papa Giovanni XXIII, Emergency, Europasilo, FCEI, Focus – Casa dei Diritti Sociali, Fondazione Migrantes, Intersos, Médecins du Monde – missione Italia, Oxfam Italia, Save the Children Italia, SIMM – società italiana medicina delle migrazioni

del Tavolo asilo nazionale

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